Emanuele Scotti - CEO in Yumi
Nudge è un termine inglese che viene tradotto in italiano con “Spinta gentile”; è un modo – verbale, ma anche fisico o digitale – di influenzare decisioni e comportamenti di individui e gruppi. E’ stato portato alla ribalta da un libro di Richard Thaler (premio Nobel per l'economia nel 2017) e Cass Sunstein uscito nel 2008 (Nudge) e si oppone ad altre forme che lavorano sul comportamento in modo prescrittivo (come norme o procedure), educativo (scuola, training) o formativo (il training, il feedback).
Nudge è un termine inglese che viene tradotto in italiano con “Spinta gentile”; è un modo – verbale, ma anche fisico o digitale – di influenzare decisioni e comportamenti di individui e gruppi.
Di per sé è una tecnica molto antica: pensiamo, per esempio, a come sono disposti gli scaffali dei supermercati, che sfruttano alcune posizioni (come l’altezza occhi o le casse o le testate) per indurre acquisti impulsivi di prodotti non presenti nella nostra lista; oppure il celebre disegno di una mosca nei water per uomini di molte aree di servizio messe lì per sfidare gli utenti a “fare centro”.
Ascolta una brevissima intervista di Emanuele Scotti, rilasciata per Nyali Swiss, che spiega il mondo del #nudging
Il mondo digitale ha amplificato l’utilizzo dei nudge, sfruttando la capacità degli algoritmi di portare a ciascun utente l’informazione e lo stimolo più efficaci. Per questo si parla oggi di Digital nudging: pensiamo alle scelte date come default di molti sistemi, o ai motori di raccomandazione di prodotti visti e acquistati da utenti simili a me; oppure ancora a molte applicazioni di fitness che sfruttano approcci di gioco per indurci a camminare di più o ad essere più costanti nel nostro piano di allenamento.
Già da questi esempi ricaviamo le caratteristiche tipiche del nudge: semplice, a basso costo, non legato ad un incentivo economico, senza penalizzare il processo, facile per l'utente da evitare. Di solito è una opzione positiva e non una critica o una censura. E’ inoltre in genere divertente, contestuale, personale.
La disciplina che ha portato alla ribalta il nudge è il behavioural economics, quella interessante mescolanza di economia e psicologia che ha portato a superare una visione razionalista degli agenti economici, che si muoverebbero sempre con decisioni razionali orientate al proprio vantaggio. Il quadro è più complesso e ha evidenziato sopra gli altri Daniel Kahneman, uno psicologo che ha preso il premio Nobel per l’economia nel 2002.
Nel suo libro Pensieri lenti e veloci ha introdotto il doppio livello con cui prendiamo le decisioni:
un Sistema 1 veloce, intuitivo, automatico;
un Sistema 2 lento, analitico, consapevole.
Molti prodotti e servizi sono progettati con il Sistema 2 ma la maggioranza dei comportamenti sono guidati dal Sistema 1. Gli studi di Kahneman, e molti insieme a lui, confermano il grande peso che hanno sulle decisioni il contesto, lo stato emotivo, le altre persone con cui sono in relazione e il fatto che una certa scelta sia vantaggiosa e logica, di certo, non è motivo per sceglierla. E allo stesso tempo, il nostro comportamento sembra facilmente prevedibile e influenzabile considerando meglio queste variabili al contorno.
E allora perché facciamo quello che facciamo?
Soprattutto nel lavoro – ancora più in lavoro dell’economia della conoscenza – siamo motivati da fattori intrinseci: l’autonomia (vogliamo avere un impatto nel contesto in cui operiamo), la competenza (vogliamo crescere e migliorarci), la relazione (abbiamo bisogno di essere connessi con altri e avere riconoscimento/affiliazione).
Bastoni e carote mostrano di non funzionare più. Ricompense o penalità tangibili – è stato osservato – riducono la motivazione intrinseca. Devo assumere che il compito sia di per sé noioso, se devo incentivarlo e incentivi tangibili riducono lo spazio di autonomia di singoli e gruppi e alla lunga – è stato provato da Teresa Amabile o Dan Ariely – riducono la performance.
Nuovi approcci all'organizzazione (si veda tra gli altri Humanocracy di Gary Hamel) o in generale gli approcci agili (come Isan Getz o Federic Laloux) hanno una visione del management più in linea con una motivazione intrinseca e una visione matura della persona.
Ogni volta che affrontiamo nelle organizzazioni un tema di change management ha senso chiedersi se e come applicare il nudging: come un approccio, cioè, che crea un ingaggio sostenibile e attiva logiche di autoregolazione.
In organizzazioni con determinate caratteristiche, questo approccio si sta dimostrando particolarmente efficace: knowledge intensive, competizione e turbolenza, con una performance complessa affidata al lavoro in team. Aumentare ingaggio ed energia, in particolare in questa fase storica, è sfida di tantissime organizzazioni. Il nudge e il behavioural economics aprono nuove strade.
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